La leggenda di Hiram non si conclude con l’uccisione del Maestro da parte di tre Compagni che avrebbero voluto con la forza sottrargli la parola sacra che avrebbe permesso loro un immeritato aumento di salario, ma si svolge nei gradi successivi.

Cavaliere Eletto dei IX

Secondo la leggenda, i Maestri Segreti (6+1 ovvero l’ispettore Adonhiram) custodivano il Sancta Sanctorum, luogo in cui venne collocata, all’interno del tempio di Salomone, la bara del Maestro Hiram; solo loro possedevano la chiave e dovevano mantenere l’assoluto segreto su quanto fosse conservato e custodito nella tomba.

Le parole chiave del Maestro Segreto, concetti fondamentali che caratterizzano il Grado, sono: Obbedienza, Fedeltà, Segreto.

Il 9° grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato, dei Cavalieri Eletti dei IX, ha il compito di eseguire gli ordini del Sovrano Tribunale ed il suo insegnamento è finalizzato a migliorare la virtù dell’obbedienza e del controllo delle proprie passioni; infatti essi hanno come massime:

“Sii coraggioso contro le tue debolezze” 

“Sii coraggioso nel difendere la verità”

Dopo lo sconcerto per l’omicidio di Hiram, il Potentissimo Re Salomone decise di sorteggiare tra più di novanta maestri i nove che dovevano seguire l’assassino di Hiram alla caverna che gli serviva da nascondiglio, per catturarlo e portarlo al suo cospetto di giudice. Ma uno dei nove, Johaben, più ardito degli altri e più impaziente di fare giustizia vendicando la morte del Maestro dei Maestri, trovando il passo degli altri Maestri troppo lento, si staccò dalla compagnia e arrivò solo alla caverna in una montagna a oriente di Japho, dove si nascondeva Abhiram, l’assassino. L’ingresso della caverna era ostruito da un gran numero di sterpaglie che impedivano l’accesso anche della luce del sole. All’interno, Johaben vide l’assassino che dormiva e, dimenticandosi completamente degli ordini ricevuti, prese un pugnale trovato ai piedi dell’assassino e lo colpì mortalmente alla testa. Quando gli altri Otto Maestri giunsero alla caverna, fu grande lo sconcerto per la scena trovata, tutti loro erano desiderosi di obbedire al re e non di vendicarsi.

La caverna rappresenta la coscienza dell’uomo e le sterpi, che rendono difficile l’ingresso, rappresentano l’ignoranza, i pregiudizi e le sovrastrutture imposte dalla società che impediscono alla Luce di illuminare la coscienza stessa.

Stare passivi, non mettersi mai in discussione e quindi posizionarsi sempre dalla parte della maggioranza può sembrare comodo e utile, ma serve ad aiutare solo chi ha grandi interessi a mantenere tutti calmi per comandare e manovrare (chiesa, politica).

Gli assassini di Hiram continuano a disinformare, spaventare e mettere all’attenzione di tutti informazioni che non servono alla crescita individuale affinché non si parli delle vere cose importanti.

La ricerca della consapevolezza di sé e delle cose dovrebbe essere insegnata ai bambini fin da piccoli. La consapevolezza rappresenta la prima cosa da affrontare per un massone; solo se avremo l’umiltà e il coraggio di sforzarci a cercare la Luce, allora potremo iniziare a lottare contro le nostre passioni e provare a dominarle.

Proprio circa la consapevolezza, vorrei parlare di Haemin Sunim, un monaco buddista zen fra i più autorevoli della Corea del sud, chiamato nel suo paese con l’appellativo di Maestro guaritore.

L’utilizzo dei social network, che ormai vengono usati da tutti in modo quasi scellerato, portando a conflitti inutili, dovuti soltanto all’incomprensione del ‘non parlare‘ a voce, ma demandare tutto a semplici ed impersonali messaggi di testo, ha permesso, in questo caso, al “maestro guaritore” di entrare in contatto con migliaia di persone ed i suoi brevi messaggi sono arrivati al cuore di un pubblico sempre più numeroso.

Il suo libro, intitolato “Quando rallenti, vedi il mondo”, è sostanzialmente una raccolta di aforismi che illustrano in modo semplice e chiaro la sua filosofia.

“Quando tutto ciò che mi circonda va di fretta, mi fermo e mi chiedo: <<È il mondo veramente così frenetico, o è la mia mente?>>”

Nella filosofia buddista il confine tra la mente e il mondo è sottilissimo, permeabile e in definitiva illusorio. Il mondo esiste perché ne siamo consapevoli; la sua esistenza dipende dalla nostra mente così come la mente dipende dal mondo in quanto oggetto della nostra attenzione. Per capirci più chiaramente: non è il mondo ad essere felice o triste, ma è la sensazione che ha origine nella nostra mente a proiettare la propria esperienza soggettiva nel mondo. Il giorno in cui mi sento depresso, tutto attorno a me sembra triste, cupo, senza luce e via d’uscita, così come quando siamo sereni, il corpo è sano e tutto quello che ci sta attorno brilla di riflesso della nostra positività. Ma siamo noi stessi a proiettare sia il buio sia la luce. Possiamo dire che è la nostra consapevolezza a generare il mondo; ciò su cui noi ci concentriamo diventa il nostro mondo.

Per questo, quando ci sentiamo sopraffatti da mille impegni, così come accade a tutti vivendo in un mondo frenetico, dovremmo ricordarci che non siamo impotenti. Quando la mente riposa, anche il mondo riposa. Quando viviamo un’emozione negativa, dovremmo provare a non concentrare il nostro pensiero solo su quella sensazione, altrimenti tutto il mondo che ci sta intorno sarà permeato della nostra emozione; dovremmo imparare a lasciarla andare, cambiare il punto di vista, guardarci dall’esterno.

Niente è intrinsecamente buono o cattivo, il bene ed il male sono relativi.

Le emozioni negative vanno e vengono come nuvole, e l’immensità del cielo resta”.

La consapevolezza gioca un ruolo fondamentale.

Vivere il presente, rivolgere l’attenzione al qui ed ora permette di placare i pensieri che smetteranno di prolificarsi e faranno in modo che la nostra mente si concentri sull’istante da vivere.

Non è necessario vivere dei ricordi dei nostri insuccessi, logorare la mente ed il corpo continuando a vivere immersi nella negatività, nel dolore. La vita ci insegna attraverso i nostri errori; quando se ne fa uno bisogna chiedersi semplicemente e con molta umiltà quale insegnamento trarne.

Una cosa che manca spesso nelle persone è l’umorismo. L’umorismo può liberarci dalla morsa dei nostri pensieri negativi; il sorriso e la risata ci metteranno in uno stato tale da poter riuscire ad accettare ed accogliere quello che prima sembrava trovarsi aldilà di un muro invalicabile. L’umorismo è una componente essenziale dell’esistenza. Inoltre, più ci sentiamo grati più saremo felici; la gratitudine ci aiuta a capire che siamo tutti interconnessi.

Una considerazione importante è che, lasciando spazio agli interrogativi (ricordiamo che il massone è l’uomo del dubbio), abbiamo già fatto metà strada; ponendoci questa domanda possediamo sufficiente consapevolezza per riconoscere uno stato mentale perturbato.

“Fare amicizia con le proprie emozioni” significa separare l’energia dell’emozione negativa da

etichette linguistiche come odio, rabbia, gelosia e osservarla finché non si trasforma in altro; l’energia è in continuo divenire, si trasforma di continuo, mentre l’etichetta linguistica è statica; per questo un passo importante è comprendere che l’emozione negativa è soltanto temporanea.

Un maestro spirituale (Jiddu Krishnamurti) diceva che:

“Un’attenzione scevra di giudizio, non solo rappresenta la più elevata forma di intelligenza umana, ma è anche espressione d’amore”.

Quindi bisogna osservare la trasformazione dell’energia con attenzione e amorevolezza mentre tutto ciò avviene nello spazio della nostra mente.

Non bisogna in definitiva lottare con le emozioni negative ma osservarle e farsele amiche.

Durante il periodo più buio della mia vita che mi ha portato anche all’allontanamento dal tempio e dai Fratelli di Loggia, credevo di vivere in un vortice che mi stava sempre di più portando in basso, qualsiasi cosa mi terrorizzava e mi turbava. L’aiuto esterno di persone a me vicine portava soltanto a peggiorare la cosa; c’era chi si approcciava in maniera energica per scuotermi, oppure chi mi esprimeva troppa commiserazione, facendomi sentire ancora più fragile, mentre io conducevo contro me stesso una lotta estenuante. L’uscita dal tunnel è iniziata quando un giorno io ho preso coscienza (la consapevolezza!!!!) del mio stato di essere ed ho provato a non più aggredirlo, ma inizialmente a conviverci fino a quando, come una folata di vento che porta via ogni cosa, tutto è passato.

Misurare il presente attraverso i ricordi del passato può essere fonte di tristezza, ma che ci piaccia o no il cambiamento è inevitabile, diamogli il benvenuto abbracciandolo. Una reazione dettata dall’emotività spesso conduce ad un risultato deplorevole. Dovremmo chiederci se vale la pena renderci reciprocamente infelici in nome delle nostre opinioni e delle nostre idee.

Invece di preoccuparci della santità dei nostri valori, non è forse più opportuno occuparci delle persone che ci stanno accanto, ascoltandole?
Non è meglio essere felici insieme che avere ragione da soli?

Criticare senza mai trovare una soluzione è una manifestazione di un ego superbo.

Di solito infatti le persone preferiscono parlare anziché ascoltare; bisogna provare invece ad ascoltare con genuino interesse.

Quando la nostra mente sarà consapevole, allora avremo il potere di poter cambiare le nostre giornate, il rapporto con noi stessi e con gli altri e potremo provare a realizzare quel cammino, che mai avrà fine, verso la conoscenza.


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3 Replies to “La ricerca della Consapevolezza”

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