di Extra Omnes
E’ uno spazio vuoto ove è possibile mettervi di tutto: suoni, pensieri, parole, sentimenti.
Il Silenzio non ha forma né sostanza.
E’ uno “stato”, una condizione dell’essere più intima e, talora, terrificante perché il suo compito è proprio quello di dare spazio alle vibrazioni più sottili del nostro intimo. Nel silenzio esse prendono vita e si mostrano. Pertanto, questa condizione, rischia di dare voce a qualcosa di perfettamente sconosciuto e che non siamo abituati a riconoscere e, difficilmente, esiste qualcosa che faccia più paura di ciò che non si conosce. Si potrebbe asserire che il Silenzio sia proprio quel vuoto primordiale nel quale progressivamente tutto si è scritto, un foglio bianco dove qualcuno ha avuto la libertà di tracciare linee per la prima volta. Così è nel cosmo e nella natura e così è nell’uomo.
Il Silenzio è un dono, anzi forse l’unico dono della fratellanza prima di chiederci il sacrifico più grande: imparare a conoscerci, martellare incessantemente sulla nostra corazza per darle una forma, se non perfetta, quantomeno dignitosa. A “ricevere” questo dono è sempre chi arriva per la prima volta, l’apprendista, mentre a “darlo” è colui che già c’è, il “maestro”. Ma perché? Perché è nel maestro che risiede la giustizia e il discernimento? O perché è nel “recipiendario” che non c’è senso di giustizia e discernimento? Intanto prendiamo per buono che il dono del silenzio si concede ad un apprendista a cui è chiesto di porsi all’ascolto, col monito di meditare su quanto dicono altri, con il consiglio di ricevere la “sapienza” da chi, almeno sulla carta, dovrebbe averne di più.
<<Gioisci per questo dono>> viene spesso detto, <<perché presto ogni tua parola avrà un peso e dovrai darne conto!>>. Ma è questo il silenzio per i massoni? Davvero crediamo che romperlo significhi essere cresciuti?
Il silenzio è “comunione” con noi stessi e non è solo un dono di proprietà degli apprendisti. Piuttosto, quando da muti che siamo cominciamo ad impilare parole vuote offriamo spettacoli così pietosi da far comprendere la portata e l’importanza del silenzio. Il silenzio è puro e sacro, romperlo si deve solo se con il “verbo” può accrescersi quel senso di comunione e sacralità che l’assenza di ogni cosa può generare. Il Silenzio è proprietà esclusiva del pensiero, è espressione evidente della preghiera, è quel buio così perfetto e fitto che rende onore alla luce non appena ne squarcia le trame. Meditare, contemplare, osservare, sentire: il silenzio è l’ecosistema nel quale tutte queste cose vivono, è il mare calmo e piatto nel quale le vibrazioni del pensiero prendono forma. Come apprezzi un suono se lo sfondo nel quale questi orbita è “sporco”? Come apprezzi un fascio di luce se non nel luogo dove tutti i colori tacciono: il nero? Fare silenzio significa preparare lo spazio, il luogo, il momento nel quale qualcosa di importante dovrà, presto o tardi, arrivare.
Per i mistici della musica ci sono due tipi di vibrazioni, quelle “fini” e “grossolane”. Queste ultime si compongono in atomi e si mostrano a noi sotto forma di oggetti. Le prime sono quelle che puntano dritte all’anima nella quale giungono attraverso i sensi. Ma esistono vibrazioni che nemmeno l’anima è in grado di percepire. Sono quelle sottilissime e per le quali il silenzio dell’uomo non basta e nemmeno quello della natura. Per queste vibrazioni è richiesto un silenzio “interiore” che è fatto di profondi conflitti con la volontà, con la distrazione. Non è il silenzio dell’assenza di colori né quello dell’assenza di suoni. E’ l’assenza di tutto, l’assenza delle vibrazioni del pensiero e della mente. Allora dobbiamo solo disporci nella condizione di semplici osservatori di ciò che accade. Osservare è il punto di partenza. Predisporsi nell’attesa preparando lo spazio, ripulendo tutto prima che qualcosa si compia mostrandosi a noi e attraendo la nostra attenzione.
Fare silenzio significa prepararsi a ricevere e ciò che si riceve ci appartiene senza che una legge ne disciplini la proprietà. Perché solo dopo che avrai ricevuto un’immagine saprai descriverla agli altri, solo dopo aver ricevuto il mio nome potrai richiamare la mia attenzione e solo dopo aver udito un suono potrai riprodurlo e cantarlo. Il Silenzio è l’unico stato dell’immanenza nel quale la conoscenza può entrare, mettere radici, istruire e chiedere di essere veicolata al prossimo. Per queste ragioni il Silenzio è un dono per l’apprendista che si appresta a ricevere la potenza della luce ed è un dono per il maestro che non ne ha ancora ricevuta abbastanza, ma è soprattutto un dono per colui che ha creduto di essere una vera e propria lanterna senza avere mai brancolato nel buio. Perché la conoscenza, quella vera, o è un dono del Grande Architetto dell’Universo che sceglie i suoi “eletti” (magari a caso) o è il prodotto dell’esperienza di coloro che quella sorte hanno deciso di sfidarla, in silenzio e senza farsi sentire.
Il Silenzio, allora, non sarà più un dono, ma una scelta consapevole. Scegliamo il Silenzio, dunque, scegliamolo nella vita, nelle relazioni quando non funzionano, scegliamolo quando non abbiamo più nulla da dire, scegliamo da apprendisti e da maestri. E’ questo il vero dono che possiamo fare a noi stessi, scegliere l’assenza del “tutto” che è terra fertile per ricevere “tutto”.