L’osservazione delle rappresentazioni artistiche permette di comprendere come la linea possa assumere un ruolo fondamentale che, con le proprie regole, condiziona l’intera struttura dell’opera.

Vi proponiamo un quadro presente nelle galleria dell’Accademia a Venezia, realizzato da Romanino nel 1510.

La scena raffigura il momento successivo alla crocifissione. Qui le linee danno origine a diverse letture. L’immagine è sviluppata in piani dove sullo sfondo viene rappresentato il Golgota e le tre croci vuote. Al centro l’occhio dello spettatore segue una linea orizzontale: da destra Giuseppe d’Arimatea, i santi Giovanni e Nicodemo, la Maddalena ed un devoto; alle spalle Maria e le pie donne in basso.

L’immagine di Cristo sembra penetrare dentro lo sguardo dello spettatore, un invito alla contemplazione delle sue ferite, il tutto dato grazie alla prospettiva che ha come punto di fuga, appunto la ferita sul costato. La compostezza dei volti dei personaggi e la delicatezza con cui lo sorreggono, fa di Cristo un corpo, un’anima ed uno spirito che si percepisce dal contrasto creato tra lo sfondo scuro e cupo e la lucentezza dei volti illuminati dei personaggi. Infatti, osservando il quadro, possiamo notare che tra la raffigurazione del Golgota ed i personaggi, proprio in quell’intramezzo, troviamo un paesaggio arido, buioe riflessivo. E’ la terra che accoglie il seme, come nella parabola del seminatore. Il seme, per germogliare, ha bisogno del buio ed il nesso con Gesù è proprio in questo: Egli viene accudito come una pianta che sta per nascere a vita nuova.

Quel paesaggio scuro servirà a Cristo per germogliare, per risorgere a vita nuova.

In questa immagine l’unica vestita di nero è Maria, in lutto inteso come momento di riflessione, mentre Gesù è l’unico a cui viene affidato il colore bianco.

Maria, colei che ha dato la vita a Gesù, sorregge il suo capo e tocca la ferita nella fronte di suo figlio, atto di maternità, di preoccupazione, quella preoccupazione che solo una madre prova verso suo figlio.

Soltanto Giuseppe d’Arimatea e la Maddalena fissano il Cristo in faccia. Quest’ultima viene rappresentata in una posizione pronta a ricevere la santità da Gesù ed è li pronta per lui.

Il significato complessivo dell’opera nasce proprio dal fatto che il racconto e la partecipazione emotiva sono contenuti all’interno di uno schema rigoroso che conferisce alla scena un senso di pacatezza.

Ecco come un’opera si traduce in comunicazione e lo fa senza eccedere nel dimostrare emozioni nei volti dei testimoni. Per adorare Cristo e riceverlo, bisogna percorrere la via della Croce. Attraverso la morte, Cristo si fa Luce. L’umanità intera si stringe a lui.

Qui troviamo tutto l’amore di una madre, la peccatrice che chiede perdono, la disperazione non eccessiva delle pie donne e poi lo spettatore quasi freddo e indifferente, ma pur sempre spettatore e testimone di un passaggio fondamentale del ciclo di una vita verso la quale tutti possiamo esserne parte viva.

Il tema della morte rientra nel ciclo della vita e non è divisa. La morte non separa i due passaggi, non è la fine di un percorso, ma si fa mezzo per arrivare alla vita eterna così come il seme muore per poter dare vita nuova, come Gesù Cristo che si fa portatore della parola di Dio.


é stato pubblicato il primo volume di

FLORILEGIUM

Raccolta di scritti della Rivista di Studi Esoterici THEORIA

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