Introduzione
Se dovessi basare la continuazione della lettura sull’introduzione, molto probabilmente mi fermerei. Questo perché, nella parte finale del capitolo, l’autore si sofferma nel considerare la Materia Prima e Pietra Filosofale nell’ectoplasma emanato dai medium che è, da quanto lui stesso afferma, la materia di cui è composto il corpo mentale ed astrale.
Sarà per il mio scetticismo o per l’ignoranza che mi contraddistingue in questo campo, che sono portato a ritenere quanto scritto come figlio del suo tempo, ovvero un trattato che risente tantissimo della ricerca spasmodica della spettacolarità e dell’evento eccezionale che il XIX secolo ha avuto come motore propulsore dell’occultismo di fine ‘800. Pertanto, non ritengo assolutamente di valore quanto scritto.
La parte iniziale, invece, sembra dare indicazioni interessanti nell’interpretazione dell’Albero della Vita. Seppur nella stampa ci siano degli errori che possono portare un lettore non attento in confusione, ritengo che sia comunque accettabile. In particolare, nel cerchio indicante la Sephirah di Kether, è riportata la lettera Beth e non Kaph; così come nel nome della Sephirah di Chesed, il nome in ebraico è scritto errato, riportando la lettera Mem finale invece di Samech.
Inoltre, ritengo errato, per la mia forse piccola ed inutile esperienza, che la volontà sia menzionata relativamente alle Sephiroth di Chesed e Geburah, quando invece questa è una caratteristica esclusiva di Kether.
Ritengo degne di nota le seguenti due frasi:
- Nell’uomo vi è un elemento latente di Saggezza il quale, finché esiste la condizione naturale di conflitto e di ignoranza, rimane dormiente nell’oscurità;
- L’intero scopo dell’arte è racchiuso nella scoperta della facoltà interiore dell’intuizione e della saggezza, nell’essenza della mente che è intrinsecamente pura, nella rimozione dei veli tra la mente e ciò che la separa dalle sue celate radici divine.
In merito a queste due, credo si riferisca alla Sephirah di Chokmah, in quanto questa è, oltre ad essere una componente propria del Macro e del Microcosmo, uno stato raggiungibile attraverso l’elevazione spirituale, la quale riporta equilibrio nel conflitto tra fede e ragione. Il senso del “rimane dormiente nell’oscurità” identifica la sua presenza oltre il velo, oltre l’abisso dell’inconcepibile. L’Intuizione e la Saggezza, sono fondamentalmente termini che identificano lo stesso elemento umano e divino. Infatti, l’intuizione, ovvero la capacità di “andare dentro” e quindi interiormente a sé stessi, è la prerogativa e indispensabile caratteristica di colui che raggiungerà la conoscenza non ragionata, la Gnosi e quindi è componente del Saggio. Pertanto, è da chiarire il fatto che, in questo caso, si intende per Saggezza il significato etimologico del termine, ovvero quello di “Sapere” e non quello di derivazione platonica legato alla temperanza o di caratteristica dianoetica e quindi legata alla ragione discorsiva.
Non sono d’accordo in merito alla identificazione dell’intelletto con la sola Sephirah di Tiphareth in quanto ritengo che l’Intelletto sia da identificare con Zer Anpin e quindi con le 6 Sephiroth sotto i Superni. Sicuramente, come centro ideale dell’immagine di Zer Anpin e quindi Sacro Cuore, Tiphareth ne riassume le caratteristiche, ma credo che questa minimizzazione possa portare ad una diminuzione d’importanza del concetto. Sicuramente l’intelletto è identificabile con il Mercurio dei Saggi, ma non lo Zolfo con Netzach in quanto questo elemento alchemico è identificabile invece con i Superni e quindi con Neshamah; né tantomeno il Sale con Hod, in quanto è invece identificabile con Malkuth come elemento che accoglie la divinità e parte più materiale dell’essere, quindi legato al concetto di Nefesh.
Trattato aureo
Prima Sezione
Voglio soffermarmi, così come fa il Regardie, sul concetto di “assoluta accettazione” della Volontà divina.
Il fatto stesso che Ermete ne parli proprio all’inizio del suo Trattato Aureo, denota una premessa indispensabile al proseguimento del lavoro che siamo chiamati a fare: tutto ciò che è permesso “fare” è indiscutibile Volontà di Dio. Ciò rende chiaro che, seppur l’uomo voglia intraprendere un percorso di conoscenza di sé stesso e di Dio, ciò non può che avvenire per espressa e manifestata Volontà Divina. Pertanto, siamo portati ad “accettare” ciò che la Vita è e ciò che sono le sue vicissitudini, in quanto non possiamo fare altrimenti, pena la disarmonia con le leggi divine e quindi la perdizione dal sentiero della Spada Fiammeggiante.
Importantissimo per me riportare la frase di Regardie: “sottintende la disponibilità a sacrificare tutti gli altri scopi per l’unico fine, la conquista della Pietra Filosofale”.
Ovviamente, per Pietra Filosofale non intendo riportare quanto scritto dall’autore, ovvero il corpo ectoplasmatico, ma si vuole intendere la capacità di ritornare ad essere espressione incondizionata della Volontà di Dio e quindi di essere Testimoni della Sua Volontà.
Proseguendo, per Materia Prima vengono intesi i 4 elementi Terra, Acqua, Aria e Fuoco. Tuttavia, è da precisare che questa corretta definizione è da interpretare non come elementi costituenti la materia, ma l’uomo, anch’esso costituito dagli stessi 4 elementi.
Ritengo invece molto vicino alla mia interpretazione ciò che è inteso per Tiphareth, ovvero il centro solare dell’Albero della Vita, “la coscienza glorificata e purificata che rappresenta la Pietra Filosofale. […] La Pietra è dunque l’immortalità, la coscienza risorta dalla morte arricchita con la guarigione divina.”
In questo senso è molto più convincente la definizione di “corpo solare immortale”, rispetto alla sua materializzazione ectoplasmatica.
Risulta molto interessante l’interpretazione del punto 10, in cui Regardie definisce l’avvoltoio come rappresentante di “un’intuizione straordinariamente limpida e penetrante, la comprensione intuitiva e l’inamovibile Spirito illuminante.” Mi chiedo se tale rappresentazione non possa anche essere utilizzata per l’Aquila della Massoneria.
Definirei illuminante il punto 11. Noto però che lo Zolfo viene associato all’emozione ed alla percezione, concetto secondo me erroneo. Sono d’accordo invece nell’associare la Sephirah Yesod all’Acqua e non all’Aria come avviene nello schema della Golden Dawn, ma anche qui, la mancanza di conoscenza sulle motivazioni mi lascia solo la possibilità di andare a colmare le lacune che mi portano a riportare questa mia interpretazione.
Al punto 13 si parla di uno dei concetti forse più difficili da interpretare, ovvero il Fuoco. Giustamente Regardie riporta due concetti relativi a questo elemento, uno nel quale identifica nel Fuoco i sentimenti e le emozioni, l’altro lo identifica invece nell’Intelletto.
Ad un primo momento avrei definito la seconda definizione come la più appropriata, considerando per Intelletto la proprietà dell’uomo di “osservare interiormente” e quindi indicando nell’atto della pura osservazione, o meglio ancora della “contemplazione”, la capacità di concentrare e illuminare le parti impure del nostro essere, permettendo così che queste vengano “sciolte” ed assorbite; lo stesso Regardie definisce al punto 15 l’Intelletto come un elemento che brucia gli scarti ed il pensiero confuso. Tuttavia, devo ammettere che questa definizione è solo una delle due vie che si possono intraprendere. Quella dell’Intelletto può essere definita come “Via Secca”, in quanto il Fuoco porta alla Rigenerazione tramite l’incenerimento degli elementi che ne vengono toccati; quella dei sentimenti e delle emozioni può essere definita come “Via Umida” in quanto questi due concetti sono legati all’elemento Acqua, all’umore e quindi all’emozione. A tal proposito faccio notare che la parola “umore” significa umido e pertanto viene legata proprio all’elemento Acqua. Questa seconda via, la Via Umida, è sicuramente diversa nell’applicazione ed il tipo di Fuoco viene definito “Fuoco Umido”.
Personalmente ho legato a questo concetto la capacità dell’uomo di generare egli stesso delle emozioni attraverso l’immaginazione. Se quest’ultima è definita da una Volontà pura e quindi divina, allora l’emozione può diventare motivo di purificazione. Purtroppo, mi rendo conto che raggiungere lo stato di Volontà divina è solo la vetta della montagna che siamo chiamati a scalare e pertanto non reputo tale via possibile se non per volontà divina, ma d’altronde, proprio questo trattato definisce come elemento indispensabile proprio la Volontà di Dio che permette l’inizio del percorso.
Al punto 15 si definisce come Uccello del Paradiso la coscienza o anima umana. Ritengo che questo simbolo debba essere associato più precisamente al concetto puro, scaturito dalla mente purificata. Per concetto si intende il pensiero ragionato ed il fatto che sia definito come puro, indica che è un ragionamento incondizionato, proveniente quindi da una mente completamente pura che viene ingravidata da una Volontà Divina attraverso una immagine. Ovviamente, essendo il pensiero un elemento costituente l’anima dell’Uomo, la stessa anima è comunque qualificabile come Uccello del Paradiso. Purtuttavia, è secondo me necessario specificare e dettagliare ulteriormente il significato.
Questo Uccello del Paradiso che si immerge nel Mare è fondamentalmente il simbolo del pensiero ragionato, la di cui promiscuità forma ciò che noi chiamiamo “personalità”, che torna alla sua sorgente che, in questo caso, è definito come Inconscio Collettivo. Purtroppo, in una condizione normale per l’uomo moderno, nell’affrontare questo percorso la personalità si disintegra e perde il ricordo dell’esperienza.
Regardie tuttavia scrive che è possibile omettere questa disintegrazione effettuando l’operazione più volte, permettendo così non il dissolvimento della personalità, ma la nascita di un nuovo “spirito” che si muove verso una rinnovata attività.
Personalmente, non so perfettamente se ritenermi in accordo con tale interpretazione perché è come se mancasse un tassello o che ci sia una definizione forse errata di ciò che è l’Inconscio Collettivo.
Infatti, sono del parere che l’Inconscio Collettivo sia una derivazione dell’uomo e dell’umanità nel suo insieme come sommatoria dei pensieri e delle emozioni (quindi delle anime) di tutti gli umani vissuti nel tempo e che hanno creato involontariamente un linguaggio per immagini attraverso il quale è possibile comunicare esperienze e conoscenza. Da ciò che riporta Regardie, seguendo la scia della psicanalisi junghiana che al tempo sembrava dover rivoluzionare gli studi sull’uomo, si percepisce che questo sia qualcosa di precedente e personalmente non lo ritengo corretto e addirittura motivo di grave errore nel percorso magico e mistico verso la Conoscenza di Dio.
L’oscillazione consigliata del portare la Ragione all’Inconscio più volte, mi ricorda molto l’interpretazione che Aryeh Kaplan dava del versetto 1:4 del Sepher Yetzirah, in particolare del “Comprendi con Sapienza, sii Sapiente con Comprensione”, alludendo proprio al fatto che è necessaria una oscillazione tra il pensiero verbale di Binah ed il puro pensiero non verbale di Chokmah. Tuttavia, questa operazione viene indicata ad un livello più alto rispetto a Ragione/Inconscio Collettivo in quanto vedo una mal comprensione o forse una definizione pessimistica legata all’Anima Mundi ed all’Adam Kadmon. Infatti, secondo la mia interpretazione, l’Anima Mundi potrebbe essere in effetti legata al concetto di Inconscio Collettivo come sommatoria delle anime e pertanto del linguaggio per immagini dell’uomo, mentre l’Adam Kadmon è secondo me qualcosa di precedente alla generazione dell’Anima Mundi, qualcosa che va oltre la comprensione dell’uomo moderno e specialmente di inizio ‘900 dove era presente una spiccata predisposizione per portare alla materia l’immateriale.
Il punto 17 si divide in due parti: la prima parla del corpo astrale al quale Regardie dà valore dandogli la possibilità di continuare ad esistere dopo la morte. Questo, secondo me, è errato perché si fa confusione tra l’essenza dell’uomo ed il corpo astrale che non è nient’altro che la manifestazione mentale ed immaginativa che l’uomo può proiettare di sé stesso. A questo proposito, Regardie prende in considerazione la seconda parte mettendo in contrapposizione la teoria buddista a quella occidentale relativamente all’ego. Nella prima si esprime la necessità di disgregazione dell’ego e ricongiungimento all’Uno, mentre nella seconda si cerca non di disgregare quanto invece di rigenerare l’individualità affinché questa possa esistere nel corpo astrale. Anche qui non sono molto d’accordo in quanto credo che ci sia un errore di fondo, ovvero la sbagliata interpretazione dell’essenza dell’uomo intesa come individualità, cosa che, secondo me, esiste solo e solo quando l’essenza divina si incarna in un corpo, legando quindi l’individualità all’esistenza del corpo e quindi del cervello. Personalmente ritengo che bisogna effettivamente disgregare la propria individualità arrivando all’unione con l’Uno, ma si può collegare questa visione della vita da parte dei buddisti attraverso l’evoluzione dichiarata dalla tradizione occidentale, ovvero la rigenerazione di un ego che diventa a quel punto chiara e pura espressione della volontà divina su questa terra. In fin dei conti è un percorso ascendente prima e discendente dopo attraverso l’albero della vita e non una alquanto spettacolare manifestazione di un corpo immortale attraverso il quale si esprime l’individualità dell’uomo. Ovviamente, ogni interpretazione sul corpo astrale, così come il libro in oggetto, è figlia del suo tempo e credo sia giunto il tempo di riformulare e addirittura forse “ritornare” a concetti diversi che riportano l’ego al suo giusto valore, senza esaltazioni e convincimenti che non fanno altro che andare controcorrente a ciò che effettivamente esprime la tradizione.
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Il concetto di “intelletto” è molto affinato ed esaurientemente esposto, ma per accettarlo in questa accezione bisogna elevare la mente fino a raggiungere il corpo astrale; qui l’uomo non è più. Qui l’uomo è “altro” e non “guarda dentro” ma contempla il suo corpo con la nostalgia della separazione non riportando, al suo ritorno, che parte della interiorità intravista. Ed allora si compiace della sua natura come volontà divina: la dualità, senza la quale non ha senso la ragione che, sola, supporta l’intelletto.
Nell’insieme, interessante lettura che spinge in “alto”